La mia traversata del Golfo del Leone in solitaria

La mia traversata del Golfo del Leone in solitaria

Oggi vorrei raccontarvi un episodio tratto dalla navigazione che intrapresi a bordo di Algaiola, il mio Comet 11 dell’81, da Genova a Barcellona in solitaria sul finire dell’estate del 2015.

La partenza fu elettrizzante siccome era la mia prima volta in solitaria, ma a neanche un terzo del percorso si presentò il primo problema: un guasto tecnico all’alternatore mi costrinse a uno scalo tecnico nel porto di Lavandou. A causa anche di un forte maestrale che non mi avrebbe comunque permesso di lasciare il porto in sicurezza, ripartii dopo quattro giorni  verso il Calanco di Port Miou, a breve distanza da Marsiglia. 

Lasciati gli ormeggi mi spogliai subito dai vestiti per assaporare la libertà ritrovata quando all’improvviso a dritta notai una presenza che mi fece strabuzzare gli occhi, non ci crederete ma a circa 150 metri iniziò ad emergere un sottomarino francese! Mi accompagnò per un paio di miglia, proprio nel momento in cui per una sorta di pudore decisi di indossare il mio costume la nave da guerra si inabissò come se all’improvviso avesse perso interesse, a saperlo prima!

Attraversare o costeggiare?

Mi stavo ormai avvicinando al tanto nominato e anche un po’ temuto Golfo del Leone, e il mio primo pensiero era pianificare la navigazione. Prima di partire da Genova, una sera con Luca  intorno a due birre decisi che avrei raggiunto la Costa Brava facendo il famoso inchino al Golfo cioè bordando tutta la costa Francese, per ridurre i potenziali effetti di una maestralata. 

Al tempo stesso la mia vocina interiore mi diceva di prendere in considerazione la possibilità di intraprendere una rotta che tagliasse di netto il Golfo puntando direttamente verso la località spagnola di Roses. 

All’alba, dopo aver consultato tutti gli aggiornamenti meteo, presi la decisione di  attraversare facendo rotta a 246° . Conscio che il mio cellulare avrebbe presto perso copertura, misi al corrente Luca della mia decisione, rotta intrapresa, porto d’arrivo ed ETA.

Con un vento reale dal sud di 11 nodi navigai diverse ore in maniera piacevole lontano da tutto e da tutti. Come ho detto era la prima volta in completa solitudine, certamente ero consapevole che la mia barca non fosse equipaggiata ne con RADAR né tantomeno con un sistema AIS, ma provavo un grande piacere nel navigare solo su Algaiola, in luce del tanto tempo, fatica e risparmi spesi per rimetterla a nuovo.

L’orizzonte era libero e mi sentivo veramente felice, Il mare era quasi calmo e a tratti ribolliva di tonni e delfini che banchettavano cacciando branchi di acciughe. Il tramonto fu uno spettacolo che ancora adesso ricordo, dopodiché iniziai i preparativi per affrontare la notte. Cucinai un po’ di riso e prima che facesse buio decisi prudentemente di prendere una mano di terzaroli, non volevo correre rischi di dover manovrare al buio nel caso in cui le condizioni meteo fossero peggiorate rendendo la navigazione più impegnativa. Come si suol dire la prudenza non è mai troppa, fatto sta che da lì a un paio d’ore il vento cessò di soffiare e mi trovai in completa bonaccia.

Fu un vero peccato accendere il motore e interrompere la dolce melodia del suono della carena che scivolava placida nelle acque del golfo anche se non avrei mai immaginato che poco più tardi, quella decisione mi avrebbe tolto dai guai.

Quella notte la luna era assente e solo il lento spostarsi di tutte le stelle del firmamento scandiva la navigazione, fu uno spettacolo che nel buio più assoluto mi fece sentire piccolo ma al tempo stesso  in armonia con l’universo e fui felice per la decisione presa.

La mia traversata del Golfo del Leone in solitaria

La notte è lunga e la stanchezza si fa sentire…

La stanchezza dei giorni precedenti e le ore di navigazione iniziarono a farsi sentire, quindi per ogni evenienza decisi di puntare la sveglia ogni 15 minuti in caso mi fossi lasciato andare. In una notte in cui la visibilità era ottima avrei potuto facilmente avvistare i fanali di un’unità già a  5 o 6 miglia di distanza. Mantenendomi leggermente più a nord rispetto alle rotte dei traghetti passeggeri avrei dovuto comunque prestare attenzione ad eventuali navi cargo o petroliere.

Pur pensando di riuscire a resistere e che comunque la probabilità di una collisione dovesse essere abbastanza remota (nella spossatezza estrema la ragione viene meno e il cervello ti sussurra di non preoccuparti), chiusi le palpebre per circa dieci minuti. Proprio prima che la mia sveglia suonasse mi destai e notai a dritta un fanale rosso stranamente vicino, cercai di concentrarmi e smuovere la mia mente intorpidita per capire la gravità della situazione. Nel giro di qualche istante vidi materializzarsi chiaramente anche il fanale verde di dritta oltre alla luce motore, segno che la nave era vicinissima e mi stava puntando. Con un tonfo al cuore tornai rapidamente alla realtà: era troppo tardi per rallentare e dare la precedenza, in una manciata di secondi la situazione sarebbe degenerata. 

Diedi massima potenza al mio vecchio volvo MD-11 della veneranda età di 33 anni pregando che non mi mollasse proprio nel momento del bisogno. Evidentemente non era ancora giunta la mia ora e con i capelli dritti vidi sfilare il bulbo di prua e le murate di una petroliera che filava a tutta macchina.

E’ inutile dire che la sveglia fino all’alba non fu più necessaria! La notte trascorse senza ulteriori intoppi, e alle prime luci del mattino incredibilmente una balena passò sotto la chiglia per riemergere al traverso della mura sinistra mostrandomi la sua maestosa coda, ma questa è un’altra storia…

Pianificare la rotta in base a stanchezza e attrezzatura

Per quanto in navigazione d’altura le distanze appaiano immense e il traffico sia minore rispetto a quello costiero non bisogna cadere nella tentazione di abbassare la guardia, perché il rischio di collisione in Mediterraneo è reale e tangibile. Ecco alcune buone norme di cui bisogna tenere conto analizzando i miei errori a mente fredda:

  1. Bisogna pianificare la navigazione realisticamente tenendo conto non solo delle condizioni del meteo, ma anche della stanchezza e del numero di persone dell’equipaggio, oltre agli strumenti di cui dispone la barca.
  2. A proposito di strumenti, radar e AIS salvano la vita in circostanze come queste, sono quindi strumenti indispensabili per navigare in sicurezza.
  3. In qualunque circostanza la guardia va tenuta costantemente, senza interruzioni soprattutto di notte e in condizioni di scarsa visibilità, per poter agire con tempestività ed efficacia.

Questa storia ha un lieto fine ma avrebbe potuto rivelarsi una situazione critica. Imparare dai propri errori (e da quelli degli altri) permette di perfezionarci e diventare marinai migliori.

Mi piacerebbe sentire qualche vostra esperienza, come se fossimo riuniti in una notte sotto le stelle  in pozzetto. Vi aspetto nei commenti!

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